Lechi in Calvisius | ||
per ascoltare la leggenda... voce narrante Marco Tramontano | ||
Una casa vive sempre, e per sempre, i personaggi che ha visto e che l’hanno abitata. Le sue pietre raccontano! E tu, ponendoti in un adeguato (oserei quasi dire “religioso”) atteggiamento di ascolto, ne puoi godere, e cogliere con mano il farsi stesso dei giorni nella storia.
Questo è l’assunto da cui è partita la ricerca fotografica di Salvatore Attanasio: un progetto inseguito da anni e che ha già ri-animato castelli e residenze di molte di quelle famiglie che hanno “seminato” il nostro passato.
Il castello Lechi di Calvisano ha tutte le carte in regola per inserirsi in questa narrazione. Attanasio rovista tra quelle carte, le rivisita, e porta alla nostra attenzione ciò che ha saputo cogliere. Ecco allora che tra le stanze e il mobilio, tra i libri e gli alberi genealogici, tra “le pietre” e gli esterni e gli oggetti di famiglia, rivivono …i Lechi. Ed è bello sapere che “i panni” degli avi sono stati vestiti dagli attuali proprietari.
Il fotografo usa tutta la sua arte nel riprodurli e ce li propone quasi come fossero fantasmi: l’etereo, l’inafferrabile, che si concretizza e viene a raccontare.
Nelle sue fotografie, attraverso il sapiente uso del bianco e nero, ho notato… poesia. Una poesia fatta di immagini che non risultano meri scatti paesaggistico-figurativi.
Io, visitatore tra i tanti, di fronte a molte di queste “riflessioni fotografiche” e a quei personaggi, vengo subito rapito da una domanda, che credo peraltro fondante: chi sei, e cosa stai dicendomi di te?
Confesso qualche fatica iniziale nell’identificare i personaggi effigiati. Al contempo propongo però alcune riflessioni.
Chi sei tu, giovane donna delicatamente appoggiata ad una cassettiera? Sei forse Francesca, la Fannie raccontata da Stendhal come “l’essere più seducente che abbia mai visto, gli occhi più belli di Brescia, che è il paese dei begli occhi”? Conosco di te la vocazione rivoluzionaria, che ti portò ad essere patriota italiana attiva. Strano che qui indossi abiti femminili, tu che prediligevi fogge maschili e proprio per questo fosti definita “l’amazzone bresciana”…
Forse, in questa veste, vuoi dare onore a tutte le donne di famiglia! Tra esse mi piace allora pensare a Caterina Lechi, moglie ed erede di Teodoro Polini. È attraverso lei che il palazzo, nel 1795, passò tra le proprietà Lechi.
Mi piacciono quelle botti in cantina, Raccontano di un aceto medicamentoso, quasi miracoloso, “speso” dai Polini per il popolo di Calvisano durante l’epidemia di peste del 1630
Il palazzo ci è presentato anche in altri scatti. Attraverso essi si evidenzia che trattasi di un “non finito”. È facile arguire come, nel progetto originale, doveva trovarsi anche a est una torretta analoga a quella del lato ovest.
È in questa torretta che trova posto una interessante scala a tromba, collegante i vari piani. Trattasi di un vero gioiellino architettonico.
Torniamo però ai personaggi.
Che discussione state tessendo davanti a quel focolare che racconta di una visita del re Umberto? Siete forse i generali Giuseppe e Teodoro, che tanto si spesero nelle guerre napoleoniche e dei quali il palazzo conserva importanti reperti? Ed il soggetto del vostro parlare non potrebbe proprio essere il futuro di quella Italia che si andava configurando attraverso il periodo pre e post risorgimentale?
Dove posso trovare il conte Teodoro, in arte “Doretto”, alla cui mano appartengono molte delle rappresentazioni paesaggistiche che decorano alcune stanze del palazzo? Quel Teodoro che tanto si spese per Calvisano e al quale Gabriele D’Annunzio donò una dedica autografa su una stampa di De Carolis, è forse l’uomo che con passo spedito si dirige verso l’androne del palazzo.
E tu, che nel tuo studiolo sfogli quel libro: sei forse il Fausto Lechi, figlio di Teodoro e dalla contessa Maria Valotti, che tanto incise nella cultura bresciana del Novecento? O forse sei il notaio Luigi, che nel 2005 fece dono a Montichiari, imitato successivamente anche dal fratello ing. Pietro, della sua importantissima quadreria?
Il nome del notaio mi riporta a un altro Luigi Lechi, medico e scienziato, poeta per diletto, amico di Foscolo e di Arici, compagno di studi di Manzoni e Confalonieri. Ebbe un ruolo di primo piano durante i moti del 1848 a Brescia.
Il suo amore per l’arte e la cultura può essere ben rappresentato nella fotografia che ci racconta di una biblioteca ricca di volumi e documenti. Tra essi si sa per certa l’esistenza di autografi del Foscolo.
Permetti che ti dia del tu, pur col dovuto rispetto? Sei tu il personaggio seduto accanto ad una ottocentesca tastiera, volutamente posta subito sotto la pianta della genealogia Lechi-Valotti? O sei forse l’altro personaggio, raffigurato con le mani appoggiate ad un tavolo di forma tonda? Non lo so. Penso però che il rimando a Luigi valga per entrambi gli scatti fotografici.
E siamo così giunti alla fine del nostro percorso. Non so se ve ne siete accorti, …abbiamo passeggiato e conversato.
Il modello di questo “andare” è certo da ricercarsi nelle famose promenades ottocentesche, fossero esse di carattere militare, artistico o musicale. Al contempo è stato però anche un re-incontro con le figure e gli ambienti effigiati negli scatti fotografici di Salvatore Attanasio, e la loro storia.
Calvisano, ottobre 2023, Pietro Treccani